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GIOVANNI VERGA, LA VITA, LE IDEE, LE OPERE - East Sicily

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Giovanni Verga

I princìpi della poetica verista trovarono la loro più compiuta espressione nelle opere ricche di suggestione e umanità dell’autore siciliano Giovanni Verga.

Coetaneo e conterraneo di Capuana, Verga scelse come protagonisti dei suoi romanzi e delle sue novelle gli umili, gli oppressori e i diseredati della sua Sicilia e li rappresentò “oggettivamente”, ma anche con una sostanziale simpatia umana per la loro sofferenza.

La vita
Chi era Giovanni Verga?

Giovanni Verga nacque a Catania il 2 settembre 1840, da una ricca famiglia di possidenti terrieri. Giovanissimo, dopo aver intrapreso e non concluso gli studi di diritto, si dedicò alla letteratura. Nel 1865 si trasferì a Firenze, dove conobbe Luigi Capuana. Nel 1872 si spostò a Milano: frequentò salotti mondani e respirò l’aria degli ambienti della Scapigliatura. Nel capoluogo meneghino maturò la sua conversione al Verismo che si sublimò nelle sue opere. Nel 1893 tornò a Catania dove rimase stabilmente e trascorse gli ultimi anni della sua vita. Colpito da paralisi cerebrale il 24 gennaio 1922, muore il 27 dello stesso mese a Catania nella casa di via Sant’Anna, 8.

La poetica, le idee, le opere

L’ideologia alla base della sua letteratura migliore è la ripresa della scientificità, dell’impersonalità e del positivismo dei naturalisti, declinati in senso pessimistico, senza speranza di miglioramento sociale. Fu non di meno influenzato da alcune teorie dell’epoca, come quella del darwinismo sociale. Agli umili delle sue novelle e romanzi è negata quasi ogni speranza, sia provvidenziale di stampo manzoniano che laica di ispirazione zoliana. Verga nega che una vera felicità sia presente o raggiungibile anche da parte degli appartenenti alle classi ricche. Solo alcuni valori, in primis la famiglia, l’ambiente ed il lavoro (la teoria dell’ostrica) possono dare un po’ di serenità.
Verga esordisce come romanziere, giovanissimo, con alcuni romanzi storici: Amore e patria, I carbonari della montagna, Sulle lagune. A una secon­da fase appartengono romanzi di ambientazione moderna caratterizzati dalla passionalità delle storie, dal forte tono sentimentale e dall’estrazione sociale quasi sempre elevata dei protagonisti: Una peccatrice, Eva, Storia di una capinera, Tigre reale, Eros. In questi testi è presente un certo autobiografismo, con riferimenti alle vicende della prima giovinezza dell’autore ed echi degli ambienti mondani del capoluogo lom­bardo.
Verga scrisse molte novelle, a partire dal bozzetto Nedda, pubblicato su rivista nel 1874 e considerato il primo passo dell’autore verso il verismo. Seguono i testi riuniti in Primavera ed altri racconti, e poi le due raccolte più significative: Vita dei campi e Novelle rusticane. Vita dei campi raccoglie novelle scritte fra il 1878 e il 1880, anno in cui furono pub­blicate in volume. Protagonisti sono i contadini, i pescatori, i minatori siciliani. Per la scelta dei temi e per lo stile, queste novelle sono molto vicine al primo grande romanzo di Verga: I Malavoglia. Una delle novelle, Fantasticheria, e la prefazione a un’altra, L’amante di Gramigna, rivelano anzi apertamente le nuove idee poetiche dello scrittore. Le Novelle rusticane furono scritte e pubblicate, prima su riviste, poi in volume, fra il 1881 e il 1882. L ‘ambiente delle storie è sempre siciliano, ma la classe sociale dei protagonisti è più elevata e Verga cerca di dare un quadro più articolato e complesso della società siciliana. Per certi aspetti le Novelle rusticane preparano il più tardo romanzo Mastro- don Gesualdo. Peraltro molti personaggi e situazioni di questa raccolta furono ripresi da Verga nei romanzi. Quasi contemporanei alle Novelle rustica­ne sono i testi raccolti in Per le vie, ambientati questa volta in una grande città industriale, Milano. Verga si propone di studiare la vita del proletariato urbano e della borghesia cittadina. Con le raccolte successive Verga muta gli ambienti e i per­sonaggi delle sue novelle e si allontana progressivamente dal Verismo, completamenente abbandonato nell’ultimo libro.

Il «ciclo dei Vinti»
Quando Verga progetta la realizzazione del cosidetto “ciclo dei vinti”, immagina una serie di cinque romanzi che avrebbe dovuto comprendere I Malavoglia, Mastro- don Gesualdo, La duchessa di Leyra, L’onorevole Scipione, L’uom di lusso. Il ciclo, però, rimase interrotto al primo capitolo del terzo romanzo per due sostanziali motivi: all’esaurirsi della vena creativa dell’autore si aggiunse la consapevolezza che il  Verismo fosse fortemente inadatto alla rappresentazione delle classi elevate.

I Malavoglia
Fu ideato già nel 1874-75 come una novella (Padron ‘Ntoni) e si trasformò poi in un romanzo pubblicato nel 1881. Secondo il progetto di Verga, doveva essere il primo roman­zo di una serie intitolata I vinti. In una let­tera a un amico, Verga descrive la serie come una «fantasmagoria della lotta per la vita, che si estende dal cenciaiuolo al ministro e all’artista, e assume tutte le forme dall’ambizione all’avidità al guadagno»: un’analisi ovvero della lotta che gli uomini sostengono per migliorare la propria posizione, e da cui escono sconfitti, da qui il ti­tolo “Il ciclo dei vinti”. Gli altri titoli dovevano essere: Mastro-don Gesualdo, La Duchessa di Leyra, L’onorevole Scipioni, L’uomo di lusso, con protagonisti di livello sociale sem­pre più elevato.

Mastro-don Gesualdo
Il romanzo Mastro- don Gesualdo, pubblicato a Milano nel 1889, è il secondo e ultimo romanzo del ciclo dei “vinti” a vedere la luce. Uscì a puntate nel 1888 su «Nuova An­tologia» e in volume nel 1889. Il protagonista, Gesualdo, a differenza dei Malavoglia non lotta più semplicemente per la so­pravvivenza e per custodire la casa della famiglia. La sua ambizione è quella di innal­zarsi socialmente: egli vi riesce in apparenza, ma paga un prezzo altissimo con la solitudine e il vuoto di affetti che lo circondano. Anch’egli è quindi uno sconfitto dalla vita: il pessimismo di Verga si fa ancora più accentuato.

La narrativa e il teatro
Dopo Mastro- don Gesualdo, Verga tentò di spostare l’analisi sui temi della società cittadina settentrionale, con la raccolta di novelle Don Calogero & C., e riprese il romanzo di ambientazione borghese, cercando di rappresentare i conflitti di classe in chiave parternalistica. Si dedicò inoltre all’atttività teatrale con opere tratte dalle sue novelle fornendo così il primo tentativo di un teatro verista: Cavalleria rusticana (1884) celebre per essere stata musicata da Pietro Mascagni, La Lupa (1896), Dal tuo al mio (1903).

Angela Bocccaccio

East Sicily

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