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La città
La città di Ispica sorge su di una collina, il Colle Calandra, a sud-est dell’isola a circa 170 metri dal livello del mare e dista 7 km dalla costa. Il territorio comprende il Parco Archeologico della Forza, ricco di reperti dal 1692, e Cava Ispica, luogo di grande interesse naturalistico e culturale per lo studio dei primi insediamenti umani di tipologia varia (catacombe, chiese, nuclei abitativi). Appartengono alla città anche le riserve dei Pantani del Maccone Bianco e la famosa Isola dei porri, un piccolo scoglio situato a 2 km dalla costa meta di escursioni subacquee. Il territorio di Ispica comprende altresì la rinomata spiaggia di Santa Maria del Focallo, la zona archeologica di Punta Castellazzo e l’oasi naturalistica del Pantano Longarini. Originariamente il nucleo abitativo principale era collocato presso la Cava e solo dopo il terribile terremoto che, nel 1693, distrusse la città venne ricostruito dove si trova attualmente. Nonostante ciò l’antico insediamento non rimase del tutto abbandonato e alcuni quartieri vennero ricostruiti intorno alle chiese rimaste in piedi di S. Antonio e del Carmine. La rinascita della città portò allo sviluppo di inestimabili bellezze barocche come Santa Maria Maggiore, la Chiesa di San Bartolomeo e la S.S. Annunziata e, con l’arrivo del liberty, di Palazzo Bruno e Palazzo Bruno di Belmonte ad opera dell’architetto Ernesto Basile.

Curiosità
L’antico nome della città di Ispica era Hyspicaefundus in epoca romana, successivamente cambiato in Spaccaforno fino al 1935. Numerosi sono gli studi riguardanti l’origine incerta di questo toponimo. Notizie più accreditate fanno derivare  il nome dal fiume Hyspa, per alcuni il nome deriverebbe dalla parola latina Speca (grotte); facendo riferimento a Spaccaforno il termine deriverebbe da due voci: Spacca, derivazione fonetica di Ispica, e forno, voce latina adoperata per definire le tombe a forma di forno che si trovano vicino all’abitato (la voce forno potrebbe derivare dal latino fundus), da cui il nome latino Hispicaefundus.
Secondo le testimonianze sopraggiunte, la tradizione vuole che l’eremita Sant’Ilarione di Gaza avrebbe soggiornato presso una grotta di Cava Ispica tra il III e il IV secolo, frequentando la chiesetta di Santa Maria della Cava. La presenza umana è riscontrabile nella scritta presente in uno scudo dipinto sul portico dell’antica chiesa: “Antiquam terra fieret ego sum…” (“Prima che la terra (il paese) fosse io sono…”).
Tra le manifestazioni religiose di maggiore interesse che si svolgono durante l’anno ritroviamo certamente quelle legate alla Settimana Santa, con le processioni del Cristo alla Colonna, il Giovedì Santo e del Cristo alla Croce, il Venerdì Santo (distinguendo la comunità di fedeli in Cavari e Nunziatari). Nel periodo estivo di rilievo sono le celebrazioni in onore della Madonna del Carmelo, Patrona della città ,che si svolgono il 16 luglio, e dell’Assunta, il giorno di ferragosto.

Lo stemma di Ispica
Lo stemma di Ispica è l’emblema della famiglia Statella che per molto tempo ha governato la città, sormontato da una corona araldica simbolo della città. Esso si presenta come uno scudo sannitico diviso in quattro parti dove sono raffigurate due alabarde (nel primo e nel quarto quadrante su di uno sfondo giallo) e da due torri nei quadranti restanti su sfondo rosso. Il giallo e il rosso sono, infatti, i colori ufficiali della città. Lo scudo è fiancheggiato da due fronde annodate, una di quercia e l’altra di alloro unite al centro dal tricolore.

Cenni storici
L’insediamento urbano dell’antica Spaccafono risale forse al Paleolitico, quando i primi abitanti utilizzavano le grotte naturali come riparo dalle intemperie e dalle fiere. Questa zona era molto ospitale in quanto ricca di vegetazione, di selvaggina e di acqua. Nel medioevo si munì di castello, la “Forza”, un’antica fortezza che costituiva il centro del nucleo urbano dall’antica città, edificato probabilmente nel XII secolo. Fino alla vigilia del terremoto del 1693, l’abitato di Spaccaforno si estendeva dalla Chiesa di S. Giovanni fino alla cosiddetta Pietra Grossa, un enorme masso caduto dai fianchi della Valle non si sa bene quando. In seguito al disastroso terremoto l’abitato venne ricostruito nella collinetta della Calandra, a monte della Valle, dove attualmente si trova Ispica.
Oggi la città comprende un’area di impianto settecentesco, posteriore al terremoto, con una maglia stradale a scacchiera e strade abbastanza ampie e diritte, e un’area di impianto medievale con tracciati irregolari; quest’ultima è adiacente alla rupe dove si trovano i ruderi della fortezza (fortilitium) e dell’antica città di Spaccaforno.
Lentamente le abitazioni della cava sono state abbandonate, ma mai in modo definitivo; molte di esse, specie lungo “la Barriera”, sono utilizzate come officine, come frantoi per le olive o palmenti, e ancora oggi alcune di esse vengono adibite a depositi, garage o cantine. Grazie alle sue bellezze Ispica aspira a far parte delle Città tardo barocche del Val di Noto riconosciute dall’Unesco.

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